Fed verso il "tapering", cosa cambia per dollaro e bond

Pubblicato 22.08.2013, 10:00

Mettendo a confronto l'andamento grafico dei bond trentennali Usa e quello dell'euro dollaro è facile apprezzare come le due curve seguano un percorso sostanzialmente opposto, ovvero quando l'euro dollaro sale, con il dollaro che si deprezza sulla moneta europea, le quotazioni dei titoli di stato statunitensi a lunga scadenza scendono. Ad un dollaro forte corrispondono quindi prezzi delle obbligazioni in crescita, ovvero tassi in discesa, una equazione che è abbastanza semplice da spiegare, dal momento che il mercato compra i bond quando le aspettative di crescita dei prezzi sono elevate, e tutta la parte di debito Usa acquistata fuori dagli States viene finanziata vendendo le monete locali contro il biglietto verde. Viceversa quando le attese favoriscono un ribasso dei corsi gli investitori vendono i titoli e nel caso di quelli esteri convertono poi nuovamente i dollari in moneta locale.

Il fatto che l'euro abbia trovato recentemente nuove energie contro dollaro, riuscendo a proseguire il cammino di crescita intrapreso dai minimi dello scorso mese ed affacciandosi su livelli grafici critici, è dunque un elemento che permette di ipotizzare il proseguimento, anche se forse non immediato, del ribasso dei corsi dei titoli governativi Usa.

La Federale Reserve nella persona di Ben Bernanke del resto lo ha fatto capire bene, gli stimoli monetari potrebbero andare verso una riduzione già entro la fine del 2013, la sbornia della liquidità a prezzo zero rischia quindi di terminare in un tempo poi non così lontano.

Dai verbali dell'ultima riunione del 30-31 luglio del Fomc (la prossima sara' il 17-18 settembre), il consiglio direttivo della Fed, e' emerso che gli acquisti di bond potrebbero concludersi nel 2014 se l'economia continuerà a migliorare.

La Fed stampa moneta dal 2009 per finanziare il programma di alleggerimento quantitativo tramite il quale compra titoli di Stato sul mercato sostenendone le quotazioni e facendone quindi scendere i rendimenti, che sono effettivamente giungi ai minimi storici. Se la Banca centrale Usa dovesse gradualmente iniziare a ridurre gli acquisti di bond i rendimenti non potrebbero fare altro che salire, come del resto hanno già iniziato a fare da alcuni mesi con il mercato che evidentemente anticipa le prossime mosse della Fed. Le vendite di obbligazioni Usa, e quindi anche di dollari da parte degli investitori esteri, si intrecciano con un altro fenomeno, quello del "carry trade", ovvero dell'acquisto di titoli di stato ad alto rendimento, tipicamente dei paesi emergenti, finanziati vendendo il dollaro per acquistare quelle monete. Le prospettive di riduzione del quantitative easing hanno pesato anche su queste operazioni convincendo gli investitori a chiudere le posizioni comprando dollari. La debolezza del Real brasiliano e del Rand sudafricano rispetto al green back, monete dei paesi tra quelli preferiti dai risparmiatori per acquistare bond ad alto rendimento, evidente da inizio anno, testimonia di questa inversione di tendenza nelle direzioni dei flussi di investimento e spiega il parziale disaccoppiamento che c'è stato nella relazione esistente tra moneta americana e Treasury bond: nell'ultimo trimestre infatti i prezzi dei governativi Usa hanno continuato a scendere pur in corrispondenza di un dollaro sostanzialmente stabile su euro, sostenuto in parte dagli acquisti di chi chiudeva i finanziamenti in dollari.

Le quotazioni dell'euro dollaro stanno premendo sulla linea di tendenza che scende dai massimi del maggio 2011 e passa per quelli di febbraio 2013, coincidente in area 1,33 circa con un'altra trendline, quella di più breve periodo che si origina dallo stesso picco di febbraio toccato poco oltre 1,37. Il superamento oltre che di 1,33 anche del prossimo ostacolo, a 1,3415, livello raggiunto dal cambio a metà giugno, spianerebbe la strada proprio al ritorno sui massimi annuali a 1,37, gettando le basi per un successivo movimento che potrebbe percorrere a ritroso buona parte della discesa degli ultimi due anni abbondanti, discesa partita da 1,4950 circa: le oscillazioni disegnate a partire da aprile hanno infatti disegnato un'ampia fase laterale, compresa tra 1,2750 e 1,3415, la cui ampiezza, pari a 0,0665, potrebbe fornire una misura del potenziale della prossima fase di mercato al superamento di uno dei due limiti del trading range (quindi 1,3415 + 0,0665 = 1,4080 circa).

Per negare le prospettive di crescita che verrebbero attivate con la rottura delle citate trend line sarebbe necessario innanzi tutto il ritorno dei prezzi al di sotto delle due linee in area 1,3330 e più in basso la violazione di quota 1,3150, secondo dei ritracciamenti di Fibonacci (38,2%) calcolati per il rialzo dai minimi di luglio, circostanza che alimenterebbe le possibilità di un nuovo test a 1,2750 della base della fase laterale (supporti intermedi a 1,3080 e 1,3000).


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